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Dopo oltre due mesi dalle sue dimissioni da capo allenatore della Lazio è tornato a parlare Maurizio Sarri e lo ha fatto ai microfoni di Alfredo Pedullà sulle frequenze di Sportitalia. 40 minuti di intervista in cui il tecnico toscano ha parlato tra le tante cose dei motivi che lo hanno portato all'addio con la squadra biancoceleste. 

L'intervista integrale di Sarri

Siamo a 70 giorni circa dalla tua decisione di lasciare la Lazio. Cosa ti è rimasto?

Ti rimangono anche tante sensazioni anche contraddittorie tra di loro, è stata un’esperienza bella a livello globale, abbiamo fatto il miglior risultato dell’era Lotito. Un pizzico di delusione per l’ultimo mese, ma non può scalfire completamente la storia dei tre anni. Secondo me ho preso la decisione giusta, la squadra aveva bisogno di una scossa forte in quel momento, a un certo punto mi sono reso conto che potevo darla solo io, prendendo una decisione forte. Nell’ultimo mese c’era la sensazione che, soprattutto nei giocatori che erano lì da tanto, facevo molta fatica a toglierli da uno stato di piattezza mentale; era giusto prendere una decisione forte per toglierli da una situazione mentale che li faceva giocare in modo triste.

Le partite tristi non rientrano nel tuo DNA. 

No, perché con quell’atteggiamento, anche se le giochi con mentalità, e con ordine, nove su dieci le perdi.

Ci stavi pensando anche nei mesi precedenti, fermo restando che nell’ultima intervista avevi detto una cosa non passata inosservata: “Un allenatore normale, dopo quanto fatto e quanto ricevuto, si dimette”. 

Ti dissi che se avessi dovuto fare una scelta logica, egoistica, quella sarebbe stata la migliore perché era difficile ripetersi su quei livelli. Il risultato (è stato sopravvalutato) è stato frutto di un’annata eccezionale, in un’annata in cui hanno fallito squadre sulla carta più forti di noi a livello di organico; si è innescato un meccanismo di aspettative troppo elevate. Ci sono stati due momenti in cui potevo dare le dimissioni: una dopo il secondo posto e una dopo il mercato estivo.

Cambieresti decisione, tornassi indietro?

Non lo so, le decisioni vanno valutate in base allo stato d’animo di certi momenti. Alla Lazio stavo bene con la piazza e i tifosi, ero riconoscente con un gruppo di giocatori che aveva fatto una stagione d’altissimo livello; mi sembrava di tradire andando via quel momento lì. Se mi parli di livello di scelta lucida, forse era meglio. Non posso rinnegare la scelta che ho fatto con l’animo e con il cuore, meno con la testa.

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È anche giusto, se te arrivi a prendere una decisione di quel tipo, devi farne le spese anche te. Secondo me ci sono momenti in cui quella scelta va fatta.

Alla fine qualcuno ha immaginato che non ci fosse più lo sprint in quella Lazio, soprattutto nei giocatori più rappresentativi del gruppo. 

Non si può pensare che ci sia dietro una situazione particolare, non ho alcun dubbio su questo. Si è venuta a creare solamente una situazione in cui facevo grande fatica a eliminare sensazioni negative che il gruppo si portava in campo. Immobile? Era un aspetto generalizzato. I giocatori che erano lì da più anni erano in una situazione mentale difficile. A volte ci sono situazioni in cui mentalmente la squadra non va e ci va una scossa forte. I nuovi erano probabilmente in una condizione mentale diversa. Ci sono situazioni in cui la squadra si appiattisce, avevo fiducia nei giocatori. Non stava arrivando la scossa e ho cercato di darla io.

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