EDITORIALE - Storia di un fallimento annunciato

EDITORIALE
Se dovessimo dare un titolo a questa stagione il più adatto mi sembra possa essere “Storia di un fallimento annunciato”. Tutto nasce dall'11 marzo del 2024 quando a Formello si consumavano le dimissioni di Maurizio Sarri. Il Comandante che aveva condotto la squadra al secondo posto nella stagione precedente abbandonava la nave dopo una sconfitta casalinga contro l'Udinese. L'interregno di Tudor è durato il tempo di un battito di ciglia per le richieste bislacche dell'ex Juventus avevano portato a nuove dimissioni, le seconde in pochi mesi che avevano scatenato il malumore della piazza. L'11 giugno viene annunciato Marco Baroni come nuovo allenatore, mentre il 14 giugno oltre 15 mila tifosi biancocelesti scendevano in piazza contestando la gestione di Claudio Lotito. Tronfio del suo smisurato ego il Presidente insieme al Direttore Sportivo Fabiani mettevano in piedi una campagna acquisti/cessioni bislacca. Fuori Immobile, Luis Alberto e Felipe Anderson che insieme a Milinkovic-Savic, andato via 12 mesi prima, costituivano l'ossatura della squadra. Dentro la coppia che aveva fatto le fortune della Salernitana retrocessa Dia- Noslin, il salvatore del Verona Noslin, il terzino Nuno Tavares ed il centrocampista proveniente dal campionato turco Dele-Bashiru oltre all'indistruttibile Castrovilli. I tifosi e gli addetti ai lavori lanciano il grido d'allarme, ma Lotito e Fabiani sempre più in preda da manie di autolesionismo nelle ultime ore di mercato regalano Cataldi alla Fiorentina e Casale al Bologna. In compenso arriva dal Marsiglia Gigot che il DS definisce “un mix tra Cannavaro e Gentile".
Dopo un inizio un pò così e così la squadra però comincia a girare tanto che la Lazio di Baroni si trova in maniera inaspettata stabilmente tra le prime quattro in campionato e prima nel girone di Europa League. Lotito non sta più nella pelle e non perde occasione per auto incensarsi.
Con Lotito il risultato è garantito.
Il pallone è per tutti ed il calcio è per pochi.
Queste due perle sono solo l'esempio delle dichiarazioni che in quei giorni lasciavano basiti soprattutto i tifosi. Essere derisi e presi in giro per il solo desiderio di avere una squadra forte che gli permettesse di sognare è stato l'apice di un'onirica auto esaltazione che ha fatto perdere di vista il reale valore di quello che si era distrutto prima e costruito poi. Un castello dalle basi d'argilla che colpo dopo colpo si è sgretolato da gennaio in poi. Gli infortuni a catena di giocatori decisivi come Vecino, Patric, Nuno Tavares e Castellanos. La mancanza di una visione realistica sul valore della rosa che aveva visto i vari Noslin, Tchaouna, Castrovilli e Dele-Bashiru vegetare senza risultati apprezzabili fino a gennaio. La mancanza di esperienza di un allenatore che ad un certo punto non ha capito le necessità tattiche della rosa ed ha continuato imperterrito sul suo credo tattico fino ad implodere in se stesso nella doppia sfida contro il Bodo Glimt. Da quel momento in poi sono mancate oltre che le energie anche gli uomini in campo perchè oltre all'immenso Pedro il resto della truppa è sembrato svagato, non centrato sull'obiettivo e distratto dalle voci di mercato. A margine di questo clima di approssimazione si sono susseguiti degli eventi tragicomici come le telefonate di Lotito che incolpavano il tecnico del mancato rendimento. Una diatriba stile “Beautiful” con il falconiere Juan Bernabè che ha avuto risvolti anche dal punto di vista giuridico. Il crescendo di situazioni che hanno messo a nudo le fragilità del progetto sgangherato progettato da Lotito e costruito da Fabiani. Il risultato finale è stato l'uscita dalle coppe europee che evidenzia come se costruisci una rosa da settimo posto e l'affidi ad un allenatore che ha avuto il Verona non ti puoi aspettare altro. Il calcio non perdona l'incompetenza, ma soprattutto punisce la presunzione e la paura del ridimensionamento è diventata realtà. La parola fallimento deve riecheggiare nelle stanze di Formello nelle orecchie di tutti i protagonisti come il grido d'allarme che i tifosi avevano lanciato a giugno che è stato beffardamente ed ottusamente censurato dal “deus ex machina” di questa “Armata Brancaleone” che in questa stagione ha vestito la maglia della gloriosa S.S. Lazio. Hanno tristemente avuto ragione di nuovo i tifosi che sbeffeggiati per mesi da Lotito sono rimasti l'unico baluardo di un simbolo che ad oggi è stato vilipeso da coloro che si vantano di conservarne il valore morale e storico. Quella di ieri sera è stata solo una partita che ha messo a nudo le criticità di una gestione incompetente, poco lungimirante e soprattutto presuntuosa. La Lazio non potrà mai fallire fino a che c'è l'amore dei tifosi a sostenerla e tenerla in alto, quelli che hanno fallito sono gli uomini che non hanno dato ascolto a coloro che hanno a cuore questa maglia che rappresenta 125 anni di storia di Roma. Passerà anche questa perchè i laziali sono abituati a soffrire, ma coloro che sono stati gli ideatori di cotanto scempio devono provare oltre ad uno smisurato senso di vergogna a fare una profonda autocritica che è la base per ricostruire quello che si è distrutto in pochi mesi.