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Sono passati dodici anni da quel terribile giorno in cui come un fulmine a ciel sereno arrivò la notizia della scomparsa di Giorgio Chinaglia. Mito indiscusso della tifoseria laziale fu l'emblema della rinascita del tifoso biancoceleste oltre che trascinatore in campo dello scudetto del 74'.

Dopo undici anni ripubblichiamo l'editoriale che scrisse il direttore Franco Capodaglio.

Parole senza tempo per un amore che non avrà mai fine!!!  

"Quando mi arriva il primo messaggio, di un amico che mi chiede la conferma della morte di Giorgio Chinaglia, sto rilassato sul divano a seguire distrattamente diretta gol su SKY, mentre cerco di scrivere l'editoriale sulla sconfitta di Parma. Ho pensato subito alla data del primo Aprile e quindi ho sorriso pensando a quale scherzo più bieco fosse quello, ogni anno, di annunciare la morte di qualcuno. Spesso è capitato di vederli fare per attori o cantanti famosi, finiti sempre con smentite dei presunti scomparsi e grandi grattate. Qualche minuto dopo i messaggi diventano tanti, troppi, fino a che appaiono le prima notizie ufficiali, e lo sperato scherzo si trasforma in dolorosa realtà. Ed allora inizia un turbinio di ricordi ed emozioni che mi riportano ai miei vent'anni, a quell'esordio del giovane Chinaglia all'Olimpico, che in pochi ricordano. Era l'estate del 1969 ed ero curioso di vedere la mia Lazio, neopromossa in serie A esordire in amichevole contro la Fiorentina neo campione d'Italia. Soprattutto ero incuriosito da quanto scrivevano i giornali su questo gigante grezzo, così lo definivano, generoso, potente ma ancora scordinato. Lo stadio era gremito anche se eravamo alla fine di Agosto ed il CONI stava rifacendo la pista di atletica che era di colore nero visti i lavori in corso. Entra in campo Giorgio, al ventesimo del secondo tempo sul risultato di 2a0 per la squadra viola. M'impressionò subito per la sua potenza fisica e tirò un paio di bordate in porta che costrinsero Superchi a due d'interventi prodigiosi. Poi si conquisto un posto da titolare alla quarta giornata, contro il Milan e ci regalo la vittoria con un gran gol in contropiede, sfuggendo a Malatrasi ed infilando Cudicini. Fu amore a prima vista con il popolo biancoceleste. La sua generosità, l'attaccamento alla maglia, la sua voglia di vincere, quel suo essere leader rispettato dai compagni e temuto dagli avversari, quella certezza che con lui in campo la vittoria era sempre possibile contro chiunque, ne fecero l'dolo della mia generazione di tifosi laziali. Era il nostro vanto nei confronti dei dirimpettai concittadini che lo soffrivano come non mai. Sarebbe molto lungo raccontarne le gesta e sicuramente ne saranno pieni i giornali di domani. Ma le righe scritte difficilmente riescono a trasmettere ciò che è stato Long John per me. Cercavo di imitarlo quando giocavo al calcio nei campionati dilettanti, sia nel look che nel modo di correre e come me tanti altri ragazzi di quegli anni. Se qualche romanista provava a criticarlo, mi ergevo a suo difensore ricordandogli tutti gol e le provocazioni ricevute dal condottiero biancoceleste. Certo, non furono solo gioie quelle trasmesseci da Giorgione, ma anche alcune delusioni ed errori, che ne hanno incrinato il rapporto con una parte di tifoseria, ma che non ne hanno di certo offuscato il valore del calciatore. E' stato il giocatore che più ho amato da quando tifo per la Lazio, tanto da chiamare mio figlio col suo nome. Oggi mi sento più vecchio perchè è come se avessero cancellato una parte molto importante della mia vita. E vi chiedo scusa se scrivo un pò di cose alla rinfusa, ma vi garantisco che non è facile. Nella testa e nel cuore ci sono tanti momenti di quel periodo, che si affacciano come dei flash, senza una logica, senza una sequenza temporale. Ma ancora il dolore che sento, non mi fa trovare le parole adatte. Forse perchè più abituato a parlare che a scrivere. So solo che da oggi qualcosa è cambiato. Guardo e riguardo le foto fatte con lui alla nostra ultima cena di 6 anni fa, con pochissimi amici ed in forma privata e penso che non ce ne sarà più un altra occasione. Penso all'emozione di quella sera, mentre come un bambino, pendevo dalle sue labbra e lo tempestavo di domande, invitandolo a raccontarmi tanti aneddoti di quel periodo. Ciao Giorgio, mi mancherai!"

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