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3 gennaio 2003: quando a Cragnotti “scipparono” la sua Lazio

Ci sono date che segnano la storia dei club. Se da una parte esistono giorni che riecheggiano come i momenti gloriosi del 9 gennaio, del 26 o del 14 maggio, dall’altra ci sono momenti che i tifosi non avrebbero mai voluto vivere e preferirebbero non ricordare. Uno di questi è, per chi ama Lazio, sicuramente il 3 gennaio. Esattamente 19 anni fa, al termine di una riunione del consiglio di amministrazione presso il palazzo della Cirio di via Valenziani, il presidente Sergio Cragnotti disse addio alla sua Lazio. In quella fredda notte romana, la squadra italiana più forte di quel periodo si ritrovò senza un presidente. Nell’accordo sulla Lazio erano previste, oltre quelle di Sergio Cragnotti, anche le dimissioni di tutto il Cda compresi i figli Massimo ed Elisabetta. E così alle banche andò la decisione sulla scelta dei successori alla guida della società biancoceleste.

Gli anni d’oro

Dirigente d’azienda, banchiere d’affari, imprenditore e poi presidente della Lazio. Cragnotti, abile finanziere, diventa il re delle plusvalenze, compra delle società a poco e le rivende a più del doppio, guadagnandosi la stima di molti. Addirittura Enrico Cuccia, padre della finanza italiana dell’epoca, di lui disse: “Cragnotti sarebbe capace di vendere frigoriferi agli eschimesi”. Con lui la Lazio, da squadra di metà classifica, si trasforma in una delle 7 sorelle del campionato di Serie A: nel ricordo del fratello Giovanni, grande tifoso laziale morto prematuramente nel 1993, Cragnotti fa nascere e crescere la creatura sportiva che lo renderà il presidente con il più ricco palmarès della storia del club (Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel 1998, Coppa delle Coppe e Supercoppa Europea nel 1999, Campionato, Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel 2000). Sette trofei in tre stagioni portano la Lazio di Eriksson ad essere considerata la “squadra più forte del mondo“. 

Nel 1999 incontrammo la Lazio nella finale di Supercoppa europea a Montecarlo. Noi eravamo il Manchester United degli invicibili, del triplete ma perdemmo. La squadra italiana, in quel momento, era forse la più forte del mondo”.

SIR ALEX FERGUSON

I campioni dell’era Cragnotti

Era il 1991 quando, ancora da socio di minoranza, Cragnotti contribuisce a regalare alla Lazio uno dei migliori giocatori del panorama europeo : Paul “Gazza” Gascoigne. E poi la decisione di portare a Roma Beppe Signori che nella Capitale si trasformerà nel bomber che tutti sognavano: Signori sarà il secondo marcatore di tutti i tempi dei biancocelesti, vincendo per ben tre volte il titolo di capocannoniere e diventando il beniamino dei tifosi. Porta in biancoceleste campioni del calibro di Mancini, Boksic, Vieri, Salas, Nedved, Simeone, Almeyda, Veron, Mihajlovic, Stankovic, Peruzzi, Crespo e Stam. Sul mercato vende persino i campioni appena comprati, perché, secondo la sua filosofia, “Il cambiamento non sopisce mai le ambizioni“. Si distingue per una politica di forti investimenti: 800 miliardi in otto stagioni (Crespo, pagato 110 miliardi al Parma nel 2000, è il suo acquisto più costoso). La sua Lazio è anche la prima squadra italiana ad essere quotata in borsa.

Boksic e Gascoigne sono quelli che più mi hanno deliziato e fatto disperare. Boksic era un introverso, pieno di complessi e di fisime. Quanto a Gazza, devo dire che non ho mai conosciuto un personaggio più esilarante, anche se quella scelleratezza è stata la sua rovina. Un episodio divertente si verificò quando Manzini, il nostro eterno team manager, volle andare a prenderlo a Fiumicino al ritorno dalle vacanze estive: dovette girare tutto l’aeroporto prima di riuscire a individuarlo, irriconoscibile per quant’era ingrassato. Una volta chiese una bicicletta e cominciò a girare per Formello nudo come un verme. Grande, impagabile, infelice Gazza…”

Sergio Cragnotti, ‘Un calcio al cuore’

Il “miracolo Lazio”

“Le cose belle sono destinate a finire”.

A dirlo è proprio lui, nel 2000, all’apice dei successi sportivi con la sua creatura, la Lazio. E di lì a poco andò proprio come aveva pronosticato. L’ ‘imperatore’, come lo chiamavano i tifosi, era pure un visionario: “Il calcio è l’affare più globale del mondo. Quale altra merce viene comprata dallo scaffale da tre miliardi di consumatori? Nemmeno la Coca Cola. I diritti televisivi sono esplosi con la tv a pagamento, ma siamo al principio. Gli stiamo facendo dei prezzi promozionali. E poi ci sono i diritti su Internet, sull’Umts. Pensi a quanti si vedranno la partita sul telefonino, fra pochi anni”. Parole che oggi sembrano incredibili e fanno capire il suo lungimirante sguardo sul futuro. Parlava con i giocatori, li provocava, e poi tornava a pensare al mercato. Il suo vero mestiere, che ha reso possibile “il miracolo Lazio”. “Io ho portato per primo il calcio al mercato. Che poi è il mio mestiere, dare la giusta valutazione alle cose”, disse subito dopo aver vinto lo scudetto. Cragnotti, nato a Porta Metronia, puntava anche a valorizzare Roma, “La mia città, la capitale più bella che nessuno riesce a rendere più vivibile e capitale del turismo mondiale. A me basterebbe che vendesse a noi e alla Roma l’Olimpico. Potremmo trasformarlo in uno stadio modernissimo, con ristoranti, negozi, parchi giochi per bambini…”. Un altro progetto che, 20 anni dopo, nessuno ha ancora realizzato.

Lo scippo

A raccontare come andarono effettivamente le cose quel maledetto 3 gennaio 2003, ci ha pensato lui stesso nel libro scritto nel 2007, dal titolo “Un calcio al cuore”. Cragnotti dedica un intero capitolo alla vicenda che segnò la fine della sua presidenza. Quell’ultimatum formulato da Capitalia di rassegnare le dimissioni da tutte le cariche dirigenziali all’interno della Lazio, una richiesta che Cragnotti non ha esitato a definire una vera e propria conditio sine qua non, per salvare il Gruppo Cirio. Quel giorno, al termine di una drammatica riunione, il dimissionario presidente della Lazio si alzò dal tavolo e, rivolgendosi ai presenti, disse: “E così alla fine ci siete riusciti, mi avete scippato la Lazio”.

Uno “scippo” che nemmeno uno come Cragnotti è riuscito a dimenticare.

“Ancora oggi, grato ai nostalgici tifosi laziali per le loro manifestazioni di stima e di affetto, mi viene da ripetere loro che la Lazio mi è stata né più né meno scippata. Purtroppo, il prestigio e l’immagine vincente della squadra, costruiti in anni di tenace e proficuo lavoro, e già seriamente compromessi dalla rocambolesca salvezza nella stagione 2004/2005, sembrano andati definitivamente in fumo in seguito alla vicenda Calciopoli, anche se, lo ribadisco, mi pare che la Lazio sia stata punita ben al di là delle sue eventuali colpe”.

Sergio Cragnotti, ‘un calcio al cuore’

Michela Santoboni

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