“Quei gradini, dal 1900”
Quando sali quei gradini. Senti i rumori aumentare come il battito del tuo cuore.
Si apre davanti a te quello spettacolo unico. E ti fermi un attimo ad osservare quel prato verde per poi passare dalle tribune alle curve. Come per tranquillizzarti, essere rassicurato che sta tutto a posto. Tutto al proprio posto. Un rito. Un rituale che si ripropone ogni volta che sali quei gradini che prima erano gradoni. La prima volta.
La nascita, il simbolo, i colori. Una data che dimostra con la sua rotondità l’impossibilità di essere dimenticata. Un simbolo imperiale dominante dove il cielo si mescola con la solitudine ed il silenzio. I colori che ricordano trame antiche e percorsi della Storia. L’orgoglio della minoranza. Nelle scuole, sui posti di lavoro, nei bar. Ci siamo temprati nella differenza, nell’essere di meno, nella sopravvivenza ritenendoci unici. Una razza a parte. Diversi. Diversi da tutti e da tutto. Laziali. Una parola, uno stile di vita che abbiamo tramandato alle generazioni future come un passaggio di reliquie, di segreti, di emozioni da custodire gelosamente. Ma uniti come un Popolo. Compatti dietro ad un vessillo che sventola nella nostra anima e nel nostro cuore. E marceremo attaccati a difesa della nostra Storia nutrendoci del Passato scritto da coloro che non ci sono più. Coloro che ci osservano sorridendo tra le nuvole bianche e celesti. Una tribuna tra le onde di un mare calmo. Sciarpa e cappello. Laziali del Passato e Laziali del Presente. Tanti auguri Laziali.
Per tutta la vita ed un giorno ancora